Educazione emotiva in adolescenza



Nel simbolismo della cavalleria cristiana l'essere disarcionati non significava solo una sconfitta materiale, vi era sottinteso un significato più profondo, di tipo spirituale e di riflesso psicologico.
Spostandoci in oriente troviamo un'immagine analoga, il saggio che cavalca la tigre. Un altro esempio è dato dalla carta numero sette dei tarocchi, il carro, dove vi è raffigurato un guerriero che guida una biga trainata da due cavalli, uno tendente verso destra ed uno verso sinistra. Immagini diverse, ma con similitudini e significati analoghi. Non è questo il luogo per fare una disamina approfondita riguardo alle tre immagini di cui sopra, anche perchè si aprirebbe un mondo da pochi frequentato e dai più beffeggiato, in nome di una clima culturale che non riesce più a guardare al di là dal proprio naso... 


Nell'antichità il simbolo sottintendeva diversi livelli di interpretazione, il livello che ci interessa in questa sede è quello di tipo psicologico, ovviamente ce ne sarebbero altri ma solo su questo ci soffermeremo.
In queste immagini l'uomo, sia esso il cavaliere, il saggio o il guerriero, rappresentano la parte razionale, l'animale, il cavallo o la tigre la parte emozionale, quella che in psicologia si chiama subconscio o inconscio. Il tutto rimanda ad un senso di conoscenza e di direzionalità sulle proprie emozioni e di conseguenza sulla propria vita. Solo conoscendo ed imparando a gestire i propri impulsi, solo esplorando ed orientandosi dentro di sè non si verrà disarcionati dal cavallo, sbranati dalla tigre o non si perderà il controllo della propria biga. 


All'opposto nell'uomo contemporaneo, le emozioni sono represse oppure subite, al massimo assecondate per cedimento. D'altronde tutte le strategie di marketing sono volte alla creazione/iperstimolazione dell'impulso al fine di un soddisfacimento immediato attraverso l'acquisto ed il consumo della merce proposta, l'homo consumens, così definito da Bauman, ha una labile capacità di potere su di sè, perchè è proprio nell'assecondare i propri stimoli e nel soddisfare i propri bisogni immediati che questi si realizza.
Il mercato, complici i vuoti culturali attuali, ha creato una vera e propria anti-pedagogia dell'emozione, in un ritmo di vita sempre più veloce il soggetto cresce allontanandosi sempre di più da se stesso e dal proprio mondo interiore, l'interiorità è vissuta solo in una dinamica di ricerca di soddisfacimento immediato dello stimolo emotivo. 
Una delle categorie che più risente di una tale desertificazione culturale è quella degli adolescenti. Essi sono lasciati soli in balia delle loro tempeste pulsionali, non sussiste più nessun filtro o codice culturale se non quelli dettati dalle esigenze di mercato. 
Umberto Galimberti non a caso parla di analfabetismo emotivo, se una volta le società accompagnavano il ragazzo in una crescita interiore nella quale l'emozione maturava nel sentimento adesso questo non avviene. In altri termini l'adolescente non ha strumenti per guardarsi dentro ed interpretarsi, egli non sa cosa prova, lo prova e basta, senza nessuno che lo aiuti a riconoscere, affrontare e gestire il mare in tempesta di emozioni che in quanto tale possiede. Il rischio che corre è quello di vivere nell'immediatezza impulsiva e di commettere gli errori tipici di chi vive privo di una riflessione personale, morale ed ideale, in una fase della vita dove esplodono i propri istinti vitali ed in maniera inversamente proporzionale l'esperienza è minima. Provocatoriamente affermo che questo è quello che accade quando le cronache nere descrivono risse che sfociano in accoltellamenti, delusioni amorose che sfociano in squallide vendette, feste che degenerano con ragazze abusate, momenti di sconforto e di dolore che terminano con gesti estremi...


Qualsiasi processo di educazione dovrebbe partire dal creare nel soggetto un alfabeto emotivo, dove le lettere sono le emozioni e le pulsioni tipiche di un giovane essere umano, spesso vissute in maniera fortemente dialettica: gioia o tristezza, temerarietà o paura, apatia o rabbia, desiderio o frustrazione, etc... Le agenzie educative devono aiutare il soggetto a familiarizzare con se stesso, cioè a riconoscere ciò che prova, a gestirlo ed indirizzarlo ai fini della propria crescita umana e della propria realizzazione personale. Senza tutto ciò non si andrà lontano...


Credits: https://www.youtube.com/watch?v=vZJYhYzDe1E




Quanto costa il tuo outfit?






Girando per la rete mi sono imbattuto in molteplici video i cui si gareggia a chi indossa vestiti ed accessori più costosi. Si tratta di incontri organizzati da vari video blogger in varie città, dove i partecipanti illustrano tutto ciò che indossano e si fa un calcolo del costo complessivo del proprio outfit, ovvero del proprio abbigliamento. 
Si vedono ragazzini indossare calzini che costano quanto un paio di jeans, cinture del valore della rata di un mutuo, a volte indossate a tracolla (...), t-shirt da centinaia e giacche da migliaia di euro, veri e propri gioielli fino a dei Rolex.


Alla base di questo fenomeno c'è l'importanza del "fattore" costo sul modo di vestire dei giovani occidentali (e non solo oserei dire a questo punto...). Il seguire mode, stili di abbigliamento e ricercare una certa estetica è insito nell'uomo contemporaneo, ognuno di noi lo fa, anche chi afferma di rifiutare tutto ciò, consciamente o meno il modo di vestire è diventata una parte importante della propria identità. Tutto ciò è ancora più significante in un adolescente, l'estetica è parte essenziale dei suoi processi di individuazione ed appartenenza.
L'elemento di novità nelle mode attuali è che i processi di accettazione e di prestigio sociale, attraverso l'adozione di determinati canoni estetici all'interno del gruppo dei pari, sembrano svuotare di significato l'estetica stessa a favore dell'elemento commerciale.
Il canone estetico è sminuito a discapito del valore commerciale, l'abito acquista o perde di significato in base al suo prezzo, l'estetica sembra quasi negata a favore della mercificazione dell'abito.



La seconda riflessione che mi viene in mente è la seguente: in un periodo storico dove è in corso un progressivo impoverimento di tutte le classi sociali (a favore dell'accumulo di una stretta cerchia di individui...), la reazione dei giovani, ma non solo (...), è di ostentare ricchezza. Ancora una volta, anzichè spezzarle, si lucidano le proprie catene, gli adolescenti attuali giocano a fare i ricchi mentre si prepara loro un futuro da schiavi.


Credits: https://www.youtube.com/watch?v=UK7FqR1ZtPk&t=111s 
https://www.youtube.com/watch?v=BoGyTOtlBO8
https://www.youtube.com/watch?v=KW6_RX6R8lE

La normalità delle sostanze



Originariamente il consumo di sostanze psicotrope era legato a determinati ambiti sottoculturali. Ogni sottocultura, così come ogni ambito di dissenso sociale, salvo rare eccezioni, ha da sempre avuto le proprie sostanze di riferimento. Quando poi tale dissenso è stato accompagnato anche dal disagio sociale il consumo sfociava in autodistruzione, è questo il drammatico caso della diffusione dell'eroina negli anni '70 in Europa, su cui tra l'altro ci sarebbe molto da dire, così come delle crack house negli anni '90 in USA.
Eccezion fatta per il consumo di cocaina degli anni '80, il consumo di sostanze aveva come comune denominatore una qualsiasi forma di alterità, di protesta o problematicità nei confronti della società dominante.
Ad un certo punto, verso la metà degli anni '90, qualcosa iniza a cambiare, l'assunzione di droghe inizia a svuotarsi di significanti legati all'alterità sociale, al disagio e alla ribellione per lasciare spazio alla dimensione edonistica legata al divertimento, alla sola ricerca del piacere e della sensazione fine a se stessa.
Il diffondersi su larga scala della musica elettronica, della cosidetta club-culture, anch'essa inizialmente una sottocultura essenzialmente musicale, che prediligeva l'ecstasy e le cosidette nuove "droghe chimiche", giocherà un ruolo importante in questo importante cambiamento culturale.
L'atto del ballare si lega al consumo principalmente di "pasticche", senza il quale la prestazione sociale ma anche fisica è menomata, considerata non all'altezza. Il concetto è semplice:  l'assunzione facilità la mia socialità e sono molto più performante, senza mi diverto di meno.
Nel frattempo le criminalità organizzate affinano le proprie strategie di marketing, l'eroina ma anche la cocaina iniziano a costare sempre meno, le stesse droghe chimiche sono facilmente accessibili.
Infine c'è da considerare la perdità di senso e di identità dell'essere umano che negli ultimi trentanni ha subito una potentissima accelerazione, con il seguente effetto collaterale:la vitalità, la salute e la felicità me la compro.
In un processo che è stato pluridecennale,  il consumo di sostanze viene paradossalmente "integrato" nelle strutture di pensiero dominanti, il consumo è fine a se stesso, al divertimento e alla prestazione.
Al giorno d'oggi chiunque è un potenziale consumatore, ogni categoria sociale ha le sue droghe (illegali ma anche legali, pensiamo all'abuso di psicofarmaci o farmaci dopanti) da consumare nei vari ambiti di vita, siano essi della socialità, del divertimento ma anche del lavoro e della prestazione professionale. Il target del consumatore riguarda tutte le classi sociali e tutte le generazioni.


Con questo non voglio assolutamente esaltare o rimpiangere un utilizzo ribellistico ed oppositivo delle varie sostanze, in questa sede descrivo soltanto ciò che è stato e ciò che è: la droga è diventata nient'altro che una merce, il cui utilizzo ha valicato qualsiasi confine sociale e le cui dimensioni di significato sono quelle del divertimento, della prestazione o della mera abitudine.


Credits: https://www.youtube.com/watch?v=GT5VpTtrajE&t=30s
https://www.youtube.com/watch?v=1CT6UIMiGfo