Stigmatizzazione dell'aggressività: un errore pedagogico


Nel post precedente si parlava di Gomorra e di tutti quei film o serie tv inerenti la criminalità ormai sempre più di successo. Uno dei motivi di tale successo è che i protagonisti dei vari Gomorra, Suburra, Romanzo Criminale sono altamente aggressivi.
Al di là di un giudizio di valore sugli squallidi motivi per cui esprimono la propria aggressività, essi sono in questo profondamente umani e questa autenticità affascina.
Affascina perché al contrario di ciò che accade nella vita di tutti i giorni questi personaggi sono quasi totalmente liberi nell’agire la propria aggressività, i propri istinti violenti ed il loro thanatos. Da qui catarsi e fascinazione appunto.
Al contrario nella realtà ognuno di noi subisce sin dall’infanzia un condizionamento sociale pesantissimo volto a reprimere qualsiasi pulsione di questo tipo, con la complicità di distorte strutture morali pensiero.
La cultura dominante da immediatamente un’accezione negativa al termine aggressività, vorrebbe un’umanità priva di questa dimensione, castrata di quello che invece è soltanto un impulso vitale ed in quanto tale necessario.
In primis è necessario perché la società contemporanea è purtroppo una società altamente conflittuale, essa reca in se il germe della sopraffazione dell’altro; dove l’altro è inteso come singolo, come classe economica, come popolo, come soggetto culturale e nei confronti della quale sarebbe auspicabile una lotta per riaffermare la propria esistenza.
Ma l’aggressività è necessaria perché questa è un’energia, una sorta di carburante che abbiamo a disposizione e che a volte è necessario usare e bisogna saper usare.
E’ necessario svincolare l’aggressività dall’accezione negativa che ormai l’accompagna per cui esprimerla è di per se sbagliato se non addirittura immorale, essa non significa per forza violenza fisica e prevaricazione dell’altro.
L’aggressività ad esempio può trasformarsi in grinta e la grinta è spesso indispensabile di fronte ad eventi o situazioni problematiche.
Aggressività e rabbia, un istinto la prima e un sentimento la seconda che in quanto tali non vanno né repressi né assecondati irrazionalmente: esse vanno canalizzate e utilizzate in maniera proficua ai fini della progettualità esistenziale della persona.
Negare l’aggressività, non riconoscerla, non fare esperire adeguatamente i propri sentimenti di rabbia, non educare alla gestione di queste due dimensioni profondamente connesse tra loro sarebbe un grave errore da parte di chi lavora in qualsiasi ambito dell’educazione, l’ennesimo tentativo di repressione delle energie vitali derivante da una visione ancora una volta distorta e parziale dell’essere umano.

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